OMESSO VERSAMENTO DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI: LA NON IMPUTABILITA’ DELLA CRISI ECONOMICA E L’IMPOSSIBILITA’ AD ADEMPIERE ESCLUDONO IL REATO

Con la sentenza n. 36278 del 21 Agosto 2019 la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla fattispecie delittuosa dell’omesso versamento delle ritenute  previdenziali e assistenziali. Tale reato, previsto dall’art. 2, comma 1, del D.L. n. 463/1983, conv.  in legge 11 Novembre 1983 n.638,  punisce  con la reclusione fino a tre anni – e con la multa fino a 1.032 euro – il datore di lavoro che non versa nell’anno un ammontare di ritenute superiore a 10.000 euro.

Secondo la Suprema Corte  l’imputato del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali può invocare l’assoluta impossibilità di adempiere il debito, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto.

Per costante e condiviso orientamento per la sussistenza del reato, in relazione all’elemento soggettivo, risulta sufficiente il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di non versare i contributi previdenziali. Il reato si perfeziona al momento dell’inutile scadenza del termine per l’effettuazione del versamento, salva la valenza estintiva del pagamento effettuato nei tre mesi dall’accertamento amministrativo dell’omissione,  per cui  ogni attività successiva deve ritenersi, in linea di principio, costituire un post factum non rilevante ai fini della elisione della rilevanza penale della condotta.

Il reato sussiste anche quando il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di omettere il versamento delle ritenute all’Inps, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere prima al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.

Tale conclusione parte dall’assunto che il rapporto di lavoro subordinato fa sorgere in capo al datore di lavoro, da una parte, l’obbligo  di retribuire il dipendente, dall’altro, quello di versare i relativi contributi previdenziali e assistenziali. Così il mancato pagamento delle retribuzioni ai dipendenti non fa sorgere  l’obbligo di versamento delle ritenute.  (Cass. Pen., Sez. Un., 28 maggio 2003 n. 27641; Cass. Pen., Sez. III; 14 Aprile 2015, n. 21619).  In realtà, come sottolineato dalla Corte di Cassazione  (Cass., Sez. III, 6 Marzo 2018, n. 19671), soltanto il mancato versamento delle somme all’INPS è condotta penalmente rilevante; al contrario il diritto dei lavoratori  a percepire la retribuzione non riceve alcuna tutela penalistica. Per tali ragioni deve essere privilegiato l’adempimento del debito contributivo.

Secondo questa impostazione giurisprudenziale  è possibile assolvere l’imprenditore per mancanza dell’elemento soggettivo, qualora quest’ultimo dimostri l’oggettiva impossibilità di reperire le risorse necessarie per il corretto adempimento degli obblighi contributivi, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di assolvere al debito erariale. Così, di fronte a realtà imprenditoriali soffocate dalle crisi economica, con le sue drammatiche ripercussioni sociali, si avverte la necessità  di valutare la condotta del datore di lavoro anche laddove  abbia sacrificato il debito contributivo al debito retributivo anziché darvi contestuale esecuzione.  Con la sentenza  in esame, infatti,  la Corte di cassazione statuisce, ai fini della valutazione dell’elemento soggettivo, la necessità di analizzare la situazione contingente dell’impresa che abbia determinato il  mancato versamento delle ritenute previdenziali. Così l’imprenditore può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito contributivo, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto.

Pertanto, secondo tale pronuncia, si può escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo al datore di lavoro il quale si trovi in una condizione di totale e imprevedibile crisi di liquidità e al quale, pertanto, non  si possa muovere alcun rimprovero, operando così una distinzione rispetto ai  casi nei quali l’omissione sia, al contrario,  dovuta ad una  scelta consapevole dell’imprenditore di destinare le risorse economiche dell’azienda ad altri fini.

Avv. Innocenzo Megali