La Conciliazione sindacale firmata in sede aziendale

A meno di un anno di distanza dal discusso precedente del 15 aprile 2024, n. 10065, con ordinanza dell’8 aprile 2025, n. 9286, la Corte di cassazione torna a pronunciarsi sull’ ipotesi della conciliazione conclusa, giuridicamente, in c.d. “sede sindacale” ex art. 411 c.p.c., ma stipulata e sottoscritta, materialmente, in “sede aziendale”.

Invero, nell’occasione da ultimo affrontata, il vaglio del Collegio di legittimità riguardava l’impugnativa di un licenziamento per “giusta causa”, rinunciato lo stesso giorno dell’intimazione, alla presenza e con l’ausilio di funzionario del sindacato a cui il prestatore di lavoro non era iscritto oltreché, giustappunto, con apposizione delle firme avvenuta presso i locali della società ex datrice di lavoro.

In particolare, ad avviso dei giudici di legittimità, «la protezione del lavoratore non è affidata unicamente alla assistenza del rappresentante sindacale, ma anche al luogo in cui la conciliazione avviene, quali concomitanti accorgimenti necessari al fine di garantire la libera determinazione del lavoratore nella rinuncia a diritti previsti da disposizioni inderogabili e l’assenza di condizionamenti, di qualsiasi genere», di modo che, ritenendo come tassativa l’elencazione degli “spazi” normativamente ammessi a tal fine, terminavano stabilendo che «la conciliazione in sede sindacale, ai sensi dell’art. 411, comma 3, c.p.c., non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest’ultima essere annoverata tra le sedi protette, avente il carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente alla assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore».