T.U. Salute e Sicurezza

Con la sentenza n. 38914 del settembre 2023 la Corte di Cassazione ha rilevato il ruolo di primaria importanza del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) nella gestione del rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori (D.lgs. 81/2008).

Il fatto

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza veniva condannato a titolo di cooperazione colposa. Questo ex art. 113 c.p. per aver concorso a cagionare, insieme con il rappresentante della ditta in questione, l’infortunio mortale di un lavoratore. Il quale, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgeva di fatto anche funzioni di magazziniere, senza aver ricevuto la corrispondente formazione.

Nel caso di specie, l’RLS è stato condannato a titolo di colpa specifica correlata a specifiche violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Perché tramite una serie di contegni omissivi (i) trascurava di segnalare al datore di lavoro i rischi connessi all’adibizione del lavoratore a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali. Senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione, (ii) violava l’obbligo di sollecitare l’adozione di misure di sicurezza da parte del datore di lavoro.

Quindi è da chiarire il ruolo delle RLS nella gestione del rischio.

La motivazione

La Corte di Cassazione ha ricordato come l’art. 50 del T.U. Salute e Sicurezza, attribuisca al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro”. Esso, infatti, costituisce una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro“.

In particolare, come chiarisce la sentenza, nel caso di specie non si tratta di verificare, in capo al RLS, la sussistenza di una posizione di garanzia – tecnicamente intesa come titolarità di un obbligo di protezione e controllo finalizzato ad impedire l’infortunio del lavoratore –. Ma, piuttosto, di accertare se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 c.p.”

In questa prospettiva, ritengono i giudici di legittimità, la condotta omissiva del RLS in violazione dei compiti attribuitigli per legge, assume certamente la valenza di concausa dell’evento mortale, verificatosi a danno del lavoratore. Egli, infatti, ha trascurato di predisporre un’adeguata formazione del lavoratore – adibito a svolgere mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali.  Ha anche omesso di sollecitare un’adeguata prevenzione del rischio, ha senz’altro contribuito alla causazione dell’incidente. Sì che, ipotizzando come non avvenuta la sua condotta, l’evento morte non si sarebbe verificato.

A ciò si aggiunga che la Corte di Cassazione ribadisce i principi granitici della giurisprudenza di legittimità in materia di incidenti sul lavoro. Dunque ha escluso che la condotta imprudente del lavoratore deceduto fosse anomala ed eccentrica, tale da escludere il nesso causale tra la condotta colposa del rappresentante e del RLS e l’evento. Le norme antinfortunistiche che permeano le realtà aziendali, infatti, sono dirette ad evitare che il lavoratore, con la sua stessa condotta imprudente, ponga in pericolo la propria sicurezza e integrità.